Loop di piccioni risorti

Testimone sì, ma fino a un certo punto. Nel senso: posso parlare di quello che ho visto, forse neanche di quello, e per il resto c’è il video. Il video l’hanno visto tutti. Chi per ridere, chi per scandalizzarsi. La gente vede Ste in quelle condizioni che insegue spara e sotterra piccioni e ovviamente qualcuno ride e qualcuno si scandalizza e tutti ci ricamano su grandi storie, ma c’è davvero poco da ridere o da scandalizzarsi o da ricamare, è tutto più semplice e complesso di quanto sembri. È sempre tutto più semplice e complesso di quanto sembri.

Di solito stiamo attenti. La stronzata, stavolta, è stata farlo senza Mike, il nostro tripsitter. Noi sbarelliamo e lui ci controlla, ci rassicura. Ci protegge. Per questo Ste l’ha soprannominato L’Arcangelo Mike, anche se Mike, quando lo chiamiamo così, sgancia bestemmioni che farebbero arrossire persino Lucifero. Eravamo rimasti per venerdì sera. Mike aveva un aperitivo alle sette ma niente di che, ci avrebbe raggiunti verso le dieci. Invece alle dieci e mezza ci ha paccati con un bel vocale del cazzo: lunedì aveva l’ultimo esame e si era appena reso conto che passare tutta la notte a farci da balia non si conciliava alla grande con i 12 cfu di Fondamenti di Cybersecurity.

Tra un Mike-Pezzo-Di-Merda e un Mike-Cyberstronzo e un Però-Non-Si-Fa-Così-Mike, ci siamo responsabilmente chiesti se non fosse il caso di rinviare. Ma per Ste bisognava approfittare della vacanza dei miei a Parigi: casa sua e casa di Tom sono sempre un viavai di gente e quello è il modo migliore per ritrovarsi dentro un horrortrip di merda. Tom era d’accordo. Secondo lui potevamo cavarcela benissimo senza L’Arcangelo Mike, anche perché, tra di noi, c’era un futuro medico. Cioè io. Proprio in quanto futuro medico, io sapevo che un futuro medico in acido è affidabile quanto un pilota cieco, ma non mi andava di rovinare a tutti il weekend.

Forse l’altra stronzata è stata discuterne tra sorsi di birra e tiri di joint. Se non ci avesse paccati, L’Arcangelo Mike ce l’avrebbe impedito. Come diceva sempre: mai fare mischioni. Però, per quello che è successo a Ste, non me la sento di dare la colpa a due Peroni e due joint. O tre e tre, boh. Un po’ di colpa me la prendo io, ok. Però mio padre: cazzo. Ma come minchia gli viene di lasciare il cinturone con la pistola d’ordinanza appeso all’uomo morto assieme a cravatte pantaloni e canottiere?

Verso l’una attacco i Dub Spencer & Trance Hill, Ste ci passa i cartoni, Tom dice che stavolta c’è un timone, io guardo il timone rosso stampato al centro del cartone e dico che era meglio il sole sorridente dell’altra volta, Tom si ricorda una luna, ma si sbaglia: era un sole. Ste, che studia Antropologia e di religioni ne sa più del Papa e del Dalai Lama messi assieme, ci spiega che non è un timone, è una ruota. Non mi ricordo come l’ha chiamata però sono abbastanza sicuro che mentre ficcavamo la ruota rossa sotto la lingua Ste ha detto più volte Ruota e poi Buddha, Sentiero, Luce, Colori del Bardo. O del Bordo. Sì: Colori del Bordo.

Alle tre siamo tutti in botta e tutto va bene. Aveva ragione Tom: non ci serve L’Arcangelo Mike. Io fisso l’orologio. Ste palpa e sniffa e lecca il tappeto. Tom è steso sul mio letto: a occhi chiusi sta nel trip, a occhi aperti sta fuori dal trip. O almeno: così dice. Io non credo funzioni proprio così. Di sicuro, per me, non funziona così. Però io non chiudo mai gli occhi: se li chiudo mi perdo e mi sale l’ansia, lo so già. A me piace fissare l’orologio, però dev’essere un orologio con le lancette. Le lancette delle ore e dei minuti sono ferme ma si muovono. È assurdo. Sono ferme, le guardi le guardi le guardi, e quando meno te l’aspetti le ritrovi da un’altra parte, sempre ferme, allora le guardi con molto più impegno ma quelle stanno ancora più ferme e si muovono ancora, non capisci come fanno però lo fanno, più le guardi più stanno ferme più si muovono, allora ti rendi conto che se non le guardi non stanno ferme non si muovono e sta cosa ti fa volare perché ti senti l’ingranaggio più importante dell’universo.

Se alle quattro meno venti non fosse sceso il diluvio universale, tutto sarebbe filato liscio. Ste si è piazzato alla finestra a leccare le gocce di pioggia: tra la sua lingua e l’acqua c’era il vetro, ma non si è mai dato per vinto. Però alle quattro e cinquantotto ha cominciato a tuonare di brutto e Ste si è staccato dal vetro, io dall’orologio, e Tom ci ha chiesto di alzare il volume perché ha sentito un leone ruggire. Terrorizzato dal leone, Ste è uscito dalla stanza. Lo so: avrei dovuto seguirlo. Ma la lancetta piccola era lì lì per passare dal quattro al cinque e senza di me non ce l’avrebbe mai fatta.

Ste è tornato alle cinque e venti. Armato. Nel senso: io l’ho visto armato però una voce mi ha chiesto se ero proprio sicuro che quello con la pistola in mano fosse lo Ste fuori dal trip e non lo Ste nel trip. Ovviamente no, non ero sicuro di un cazzo, le lancette si muovevano ferme, la musica odorava di arancione, Ste impugnava una pistola e minacciava di usarla contro il leone. Ho cercato di calmarlo come avrebbe fatto L’Arcangelo Mike: non c’erano leoni, solo tuoni. Ste ha promesso di sparare ai tuoni. Non ho trovato nulla da obiettare. I tuoni avevano rotto le palle, andavano uccisi. La cosa assurda è che ha funzionato. Tre spari, e il diluvio, in mezzora, è finito.

Verso mezzogiorno io e Tom veniamo svegliati dalla polizia. Nella volante ci siamo chiesti se l’effetto del cartone fosse finito o no. In centrale abbiamo visto il video non so quante volte. Io ho detto e ridetto che posso testimoniare quello che ho visto, forse neanche quello, cioè da quando L’Arcangelo Mike ci ha paccati fino a quando Ste ha ucciso i tuoni. Tom, per tutto l’interrogatorio, ha tenuto gli occhi chiusi, forse per tornare nel trip, ma non credo abbia funzionato. Mio padre è tornato subito da Parigi a mettere una grossa pezza sul mio futuro da medico e sul suo da poliziotto. Dopo nove ore di autostrada, sono venuti anche i genitori di Ste. Chissà che strane e brutte e tristi idee si saranno fatti sul figlio, la persona più saggia e sana che conosca.

La cosa si è risolta con la promessa di Ste ai suoi, alla polizia, a mio padre, di non farlo mai più. Ma è tutto più semplice e complesso di così. Nel senso: il video è finito online. E gira. Come una ruota. Coma la ruota rossa. Ste è sporco di terra e sangue. Solleva tre volte al cielo un piccione morto. Ogni volta ripete Abbraccia-Il-Raggio, Abbraccia-La-Luce, Abbraccia-Il-Suono. Guarda commosso il piccione. A un ragazzo cade la brioche a terra: la guarda, guarda Ste, se ne va. Ste si inginocchia davanti al Ginko Biloba di Largo Respighi, appoggia a terra il piccione, scava una buca, bacia e sotterra il piccione, bacia la terra. I passanti abbassano lo sguardo e accelerano il passo. Ste si alza e abbraccia il Ginko Biloba. Dei piccioni si fiondano sulla brioche. Due amiche fotografano Ste. Ste si stacca dal Ginko Biloba e lo ringrazia. Un cane tira il guinzaglio verso la brioche, i piccioni svolazzano indietro. Ste si gira, vede i piccioni e grida Cazzo-È-Risorto, Cazzo-È-Risorto, Cazzo-È-Risorto. Infila la mano nella tasca frontale della felpa e tira fuori la pistola. Alle ragazze cadono i cellulari: una si copre gli occhi con le mani, l’altra indica Ste, entrambe urlano. La gente corre e urla, il video trema, Ste si avvicina incazzato e sgranato ai piccioni gridando Cazzo-È-Risorto, i piccioni becchettano la brioche, Ste prende la mira, il video è un terremoto nero di buio, spari, urla, silenzio. Dopo un po’ si sente la voce calma e lontana di Ste: Abbraccia-Il-Raggio, Abbraccia-La-Luce, Abbraccia-Il-Suono. Fine. Ma chi l’ha visto sa che non finisce mai. Come il piccione morto e risorto e morto e

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