Pietre
Le scarpette diadora, azzurre e argento, si aprivano entrambe all’altezza degli alluci, ma solo quando facevo il gesto di voler colpire la palla di testa. A ogni modo, quella sarebbe stata la loro ultima estate. Avevo dodici anni.
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Le scarpette diadora, azzurre e argento, si aprivano entrambe all’altezza degli alluci, ma solo quando facevo il gesto di voler colpire la palla di testa. A ogni modo, quella sarebbe stata la loro ultima estate. Avevo dodici anni.
La porta è socchiusa: la primavera resta fuori. Lascio l’impermeabile all’ingresso, sul bracciolo del divano nero in pelle. La stanza avrebbe molta luce, se le tende non fossero tirate sulle finestre.
Rimase a lungo a contemplare il sottile filo di fumo violaceo che saliva verso il soffitto. Prima o poi quella sigaretta si sarebbe spenta. Natsuo Kirino, In, tr. Gianluca Coci, Neri Pozza Editore, Vicenza 2019. In balcone Lidia soffiava fuori il fumo, seduta in bilico su uno sgabello, le gambe irrefrenabili, un movimento continuo, ritmato.
Il viso di Eva si contrae per il bruciore della ferita. Anche il sole brucia, imponente, contro i gusci vuoti delle case, sull’asfalto silenzioso; pare che non pioverà mai più.