Oggi, ho letto o sentito non ricordo in quale schermo degli innumerevoli di cui mi sento circondato – da cui mi sento aggredito? consolato? – oggi, ho letto o sentito da dentro a uno schermo dei tanti, è morto un uomo con il mio stesso nome.
Penso dovrei iniziare a girare con un coltello, e dunque penso dovrei in primo luogo procurarmi un coltello.
Non vedo nessuno ormai da giorni, settimane – mi sembra: credo di star lentamente perdendo la capacità, propria dell’essere fatto e finito, di percepirsi e collocarsi nel tempo: il quale, si dice o meglio si diceva, va o andava a finire per forza da una sola parte (il tempo, come l’essere fatto e finito: ma poi l’unico essere che possa dirsi tale, ci insegnano secoli o minuti di chiacchiere intorno alle cose, giocoforza e tristemente dovrà essere quello umano). Come in un lag eterno che affligga la struttura stessa dell’universo, avvoltolata intorno alle corde intangibili del fato e della fine terribile che tutti, con buona ragione, dovrebbero attendersi giusto dietro l’angolo o a un palmo dal proprio naso, mi avventuro spesso al di là delle quattro mura che mi sono trovato piombate intorno da chissà dove: non trovo mai nessuno.
Vagolo, fantasma indesiderato e indesiderabile, scherzo ectoplasmatico per cui (ovviamente) non riderà nessuno, fra le vestigia gotiche di un mondo pienamente abbandonato. Ma allora perché mi agito ancora, lungo gli stessi triti percorsi? Perché la mia mente distrutta seguita e seguita a riconvincersi (e dunque a riconvincermi) che un passo vada comunque insindacabilmente dopo l’altro? Per quale motivo essa vuole garantire tuttora l’esistenza, benché labile e squallida, di un qualcosa che assomigli a un ciclo, a una routine?
Forse (ma è uno dei tanti, innumerevoli “forse” di cui fatico a fidarmi, riguardo alla presenza mia come alla presenza di qualcosa di più generale) – forse, dicevo, si tratta ancora una volta soltanto di schermi. Forse in uno schermo io mi sono perduto, forse da uno schermo io sono stato fagocitato: ho veleggiato senza accorgermene sulla sua superficie luminescente, come preda di sogni ingannevoli, e infine, proprio prima del vuoto senza limiti oltre i suoi colori, mi ci sono inabissato.
“Magari”, verrebbe da dire: ma un “magari” dall’accezione decisamente più lieve e serena di ciò che mi trovo colato addosso, magico metallo eternamente incandescente: non ho ancora vinto il mondo reale – ciò che ne rimane, i suoi ultimi frammenti.
C’è qualcuno dentro me, fra le mie tempie, uno spettro che potrebbe assomigliare a un ricordo: mi dice di aver sempre voluto che noi due rimanessimo soli. È una presenza che a malapena mi riesce d’avvertire, d’acchiappare allungando fugacemente le mani nel denso e appiccicoso buio dietro cui s’è asserragliato il mio spirito, il mio me – chiamatelo come volete, chiamatemi come volete. Non formula nulla, il quasi-ricordo, che possa in fondo meritare in risposta più di una dovuta compassione. Nessuno, qui, dovrebbe godere del privilegio maledetto di farmi compagnia.
Ma dove, ma da dove? Da dove l’incapacità a rasserenarmi di fronte al pensiero, reale e concreto nello schermo in cui annega il mio sguardo, di un universo monumentale e deserto? un monito lasciato qui indietro, valido solamente per me…
lag-lag-lag-lag
Dev’essere passato del tempo e io non l’ho nemmeno avvertito, mentre mi precipitava addosso. Evidentemente, la mia coscienza delle cose versa in uno stato ancor più pietoso e fatiscente di quanto io possa aver “in precedenza” ipotizzato. Sto ancora laggando, nell’etere sterminato di un’esistenza a metà: di questo passo, non so in che misura le parole che formulo possano ricondurre a una forma di significato, magica o per lo meno primitiva – oppure, ma questa è la prospettiva più orribile di tutte, sto soltanto ritornando alla logica.
È dunque semplicemente una questione di destino, di decorso “naturale” dei fatti? Quindi non è colpa mia? Per quel (poco) che posso (mi tocca) ricordare, sarebbe la prima primissima volta. Non so: penso di poter dire di non sapere con certezza, penso di poter dire che la certezza e il sapere sono qualità delle cose e degli eventi che non mi interessano più.
A ogni modo.
Balzato fuori da questa mia catatonia egoista e autodistruttiva (come però anche autocelebrativa, una lode beffarda che solo io avrei potuto attribuirmi) – risputato fuori dal sogno senza tempo, mi sono trovato fra le mani un coltello.
La sua lama riluceva di un brillio indefinito e pulito, mi ci potevo specchiare appena prima che il limite tagliente del filo rendesse metaforicamente (o no?) monco il mio viso, e sentivo che da un’eternità non avevo potuto desiderare altro che quello.
Immagino sia un fatto consequenziale: secondo le coordinate di ciò che ipotizzerete essere “immediatamente dopo”, ho visto riapparire le persone. Lontane, lontane, sul fondo bituminoso della cattedrale di schermi in cui sono stato imprigionato – ma chissà chi, chissà a opera di chi… la maggior parte di loro giocava ai videogiochi.
Io ho sempre odiato i videogiochi; ma forse io ho sempre odiato le persone, prima ancora dei videogiochi.
«Rolla, rolla zio, qui devi rollare… NO! ma porcodd…»
Una nuova umanità: ricusando il corpo, unità di forza e immagine e estetica, qualche ignota e abominevole divinità ha forgiato nel plasma i nostri successori (nostri di chi?) – i miei successori; sono stato tradito. Ascolto la loro lingua, esamino i loro modi e le loro storie mi affascinano: i loro miti, la loro lore… accarezzo la lama del coltello, tengo il mio riflesso fra le dita, ne ho il pieno dominio: posso persino far sì che lui cambi, senza che sia io a farlo: che sia lui a disperare, che sia lui a piangere, a contorcersi nella rabbia, nella furia, che sia lui a soffrire, che sia lui a invecchiare; che sia il mio riflesso, infine, a morire e poi a esser pianto – pianto da chi, ancora?
«Ok ragazzi adesso provo a castarmi il x2 sulla difesa… sono già abbastanza bulky di mio, perciò dovrei… nooooooo mi ha shottato. Mi ha shottato ragà».
Un’allucinazione nell’allucinazione; è una follia ricorsiva che mi preme sul retro del cranio, della mia cara, vecchia zucca vuota: vi ficca dentro a forza rivelazioni sghembe e sbarazzine, nuove scritture del mondo a colmare il prospero abisso cui mi ero così affezionato. Questi streamer sono Angeli, orridi e temibili, e parlano la lingua proibita e dissacrata di Dio. Ma il Dio di chi, poi? Con tutta probabilità, il mio.
«Vediamo se adesso il véz viene ancora a prendersi la kill… ‘sto bastardo. Stavolta sono troppo OP».
Mi chiedo se un coltello basti a macellare un Dio. Mi dico, per un attimo, che forse dovrei innanzitutto provare se un coltello basti a macellare me.
I modi e le qualità della vita continuano a mutare e mutare, si trasfigurano di volta in volta in aberrazioni sempre differenti, tutte personali (per quel che mi riguarda), mentre imparo più e più i meccanismi di questa nuova, largamente imperscrutabile realtà. In un disavanzo temporale che si potrebbe dire simile a “ieri”, ho finalmente decifrato un linguaggio qualsiasi.
Se invoco a me tutta la forza delle mie preghiere, se mi concentro abbastanza (ma è un incantesimo che, a dire il vero, non sono ancora riuscito a castare), e se al contempo mi riesce di ricostituire, come nuova, la claudicante impressione che ci sia davvero (((qualcuno o qualcosa))) che si agita dietro uno qualsiasi dei miei cari, mostruosi schermi – se dunque mi riesce una forma per lo meno abbozzata d’imitazione di questa nuova umanità, la barra della chat si riempirà magicamente delle (((mie))) parole, battute nervosamente sullo schermo-tastiera da questo lato del mondo: glifi che comprendo e utilizzo (ne sono convinto) solo per il volere maligno di Dio.
sale032ambiguo ha donato 40 sub
«No, be’, grazie sale, sei un grande, grazie davvero…»
crystal_wolf99 (top donator): Zambo che build mi consigli su cursed youth? sono bloccato alla bossfight dell’ospedale psichiatrico e mi sa che devo cambiare la classe, con l’incantatrice il dr faceless mi shotta sempre
«Allora, crystal, dunque, allora, io con il diacono mi trovo bene ma non ho ancora finito il gioco… occhio però che col diacono ti devi buffare subito tanto la difesa, perché se no poi quando vai avanti muori un milione di volte».
professionalshitposter92: @crystalwolf99 sei frocio che giochi con l’incantatrice?
professionalshitposter92 è stato bannato dalla chat
«Ragazzi… ragazzi… ma perché vi dovete far bannare? Questo l’ho bannato proprio io, nemmeno i mod… non mi fate incazzare eh…»
Impiego fino all’ultimo, debole fiato di magia che mi è rimasto fra le dita, ogni residuo del vecchio mondo che ho ancora appiccicato addosso, tento di emergere dall’oceano impenetrabile di voci e incantesimi sempre più nuovi e oscuri che si dispiega innanzi a me, sullo schermo, a una velocità di molto superiore alle capacità di elaborazione della mia mente: sì furiosa, ma vecchia e stanca (mi sembra) come l’universo stesso.
Osservo, spogliato di tutto il mio potere: sono succhiato via dalla vita mentre lo streamer dispiega la propria invincibile autorità, quasi divina, e (tale dev’essere l’essenza di un miracolo) impone un ordine all’ignoto: le parole corrono e corrono, riducono in brandelli la luce nei miei occhi: parole terrificanti (ma è forse soltanto il frutto di una mia recondita mancanza), parole che mi aggrediscono, che mi divorano…
chiamatemiismaele si è abbonato per altri 15 mesi
basedgamingconnoisseur: zambo farai la live reaction per il reveal del nuovo gioco di zipzap software?
«Grazie ismaele per l’abbonamento, grazie di cuore… basedgamingconnoisseur… allora innanzitutto che cazzo di nome c’hai? ma no, ma dai, ma si scherza ovviamente… poi per risponderti ti dico che coff coff scusate, no, non farò la reaction perché quel giorno sarò in live dai ragazzi del braindead podcast, che m’hanno invitato per la maratona…»
L’ultimo tentativo, l’ultima stregoneria: poi (ne sono certo: giacché mi percepisco addosso il futuro, male inguaribile e senza perdono) non sarò più parte nemmeno residuale di questo nuovo magico umano – retrocederò a un gradino più in basso lungo la scala dell’esistente, e sostanzialmente sarà come non essere mai stato qua.
Animati dalle peggiori maledizioni che si siano mai potute concepire, i segni si organizzano sullo schermo-tastiera, fluiscono dalle mie mani possedute e assumono forme che mi sorprendo di non poter dominare; ma, forse un attimo troppo presto, il mio corpo è svuotato: la magia, mi accorgo, non è mai stata cosa per me.
iomemedesimo: negro
«Ecco là… altro ban per direttissima a ‘sto troll del cazzo…»
iomemedesimo è stato bannato dalla chat.
Le interiora, le budella: l’intimo segreto sanguinolento di Zambo è disordinatamente spiegato sul pavimento, a connettere vecchie idee di un vecchissimo mondo pieno di vecchissima gente (e sono, peraltro, tutti morti come Zambo) con la deprecabile, millantatoria idea di poter vedere davvero il futuro: una barzelletta impudica, uno scherzo di pessimo gusto. Non è una cosa vera. Il futuro non è mai stato una cosa vera. Le mie dita, stringendosi ferree e crudeli attorno al manico del mio coltello, hanno imparato una forma di magia veramente efficace: io li devo uccidere tutti, ‘sti cazzo di streamer. Sta a me il compito di finire il mondo. Et cetera, et cetera…
Muovo i miei passi nel piccolo stagno di sangue già mezzo rappreso che ho appena fatto fluire sotto ai miei piedi: io devo essere una specie di messia, oppure sono completamente impazzito. Entrambe le eventualità non cambiano molto (come potrebbero?) circa la quest che mi è stata affidata.
Per un momento, dopo l’inevitabile punto d’arrivo ultimo e statuario, dopo il mio pirotecnico e dovuto ban – a voi capire esattamente il confine del reale: non fa più parte del novero delle mie preoccupazioni… per un momento ho creduto che avrei riaperto gli occhi, e avrei dunque potuto scorgere le profondità vertiginose e per sempre serene che tratteggiano l’infinito: il paradiso… uno schermo senza confini. Mi ci sarei perduto volentieri, qui o meglio lì o ancora da nessuna parte – sarei rimasto eternamente abbonato alla beatitudine.
Il fegato di Zambo, che trema testardo sul pavimento dello stanzino minuscolo e sudicio da cui il poveretto streammava, intona sommesso ancora lievi, irrequieti gorgoglii, che paiono una lingua tutta sua, mi sembra rigurgitare una qualche approssimata idea di vita fuori tempo massimo. Gli do ancora un paio di coltellate, giusto per completismo. Finalmente, fra le tempie sento balenare l’effetto sonoro che segna il raggiungimento di questo preciso obiettivo, certo per ora solamente intermedio. Chissà quanti punti abilità m’avrà fruttato. Non vedo l’ora di platinarlo ‘sto gioco.
La ventola del computer, da sotto la scrivania, agita l’aria d’un vento bollente, caldo come l’inferno dove immagino di aver appena mandato quel che rimane di Zambo Morra, streamer di professione, una vita spesa la schiena curva ma piena di passione davanti (toh!) al suo schermo enorme, padrone e pastore di mille voci dattilografate da fantasmi.
Mi soffermo solo un istante, incantato dalla meraviglia delle onde increspate che quella brezza incandescente genera ai miei piedi: piccole, simpatiche pozzanghere di sangue in fibrillazione. Poi, mi rimetto sotto – come di consueto, dopo ogni bossfight tocca upgradare l’equipaggiamento: vuoi vedere che, pian pianino, sto diventando pure io un hardcore gamer?
Siedo, composto e metodico, al banco da lavoro: dentro il gigantesco monitor un caleidoscopio di lettere, di occhi – lacrimevoli, terrorizzati – un turbinare di sguardi che si schiantano contro lo schermo, sulla sua superficie contraria: cercano di trafiggermi e accusarmi: ma io non potrei sentirmi più sereno, più al sicuro di così: io ora riposo dove un tempo batteva il cuore di un angelo.
Fendente: +5; precisione taglio: +3; danno da furtività: +7.
Lavoro con precisione la lama del coltello: a ogni battito delle mie dita essa si fa più temibile e inesorabile, si trasforma; e con lei, cristallina e lucente a dispetto del dolore inferto e del sangue versato, muta anche il mio riflesso – non era capitato spesso, negli ultimi tempi, che il mio riflesso ridesse – a ripensarci, non era capitato mai.
La frenesia disperata della chat si placa, sembra volersi pigramente riorganizzare nel raccolto e sommesso brusio che s’accompagna a un lutto. Pian piano il coro si diversifica, si spezza e si dilania, e presto, se lascio passare giusto il tempo necessario, dai layer più profondi e oscuri emergeranno finalmente i troll: e sarà dunque tutta una festa macabra e ironica, e solo a quel punto la live potrà giungere alla sua degna, meritata conclusione. Un pallino rosso che improvvisamente non c’è più: fine, questa, sicuramente fra le più onorevoli.
Sblocca abilità: Massacro Rampante.
Al riempimento della barra dello spirito, tieni premuto R1: permette di aumentare il numero massimo dei colpi consecutivi in una combo (da 5 a 10).
Sposto per un attimo l’attenzione via dalla mia lama e dalla chat, verso la parte di schermo che finora non mi ero premurato di scrutare. Il disgraziato stava streammando un soulslike: riesco a riconoscerne i caratteri tipici ed elementari sui cristalli liquidi freezati, a delineare una verità semplice e al contempo esilarante e eterna: YOU DIED.
Povero coglione. Sarà per questo che, quando mi ha avvertito piombare su di lui come il peggiore dei destini, ha cercato maldestramente di rollare.
Sacra o blasfema, la quest giunge al suo termine, a una perfetta conclusione sensata: mia cara Chat… solo con te, solo con voi ho il privilegio e financo il dovere di confidarmi, ora che tutto è collassato nell’unico punto dell’universo in cui era possibile che tutto collassasse: il mio punto, me. Mi sono guadagnato, streamer dopo streamer, kill dopo kill, il sacrosanto diritto all’egocentrismo. Spero – ed è una genuina, compassionevole speranza la mia – spero voi non vi sentiate mai più soli, per tutto il tempo che vi è rimasto, se effettivamente voi esistete o se proprio siete mai esistiti, se non siete stati sin dall’inizio il frutto e la guida della mia follia.
Sappiate, a ogni modo, che io vi voglio bene, e che io vi ho voluto bene dal primo momento in cui vi ho letto e ho tentato di comprendere le vostre voci.
Ora, miei cari, il gameplay loop è finalmente spezzato: vedo innanzi a me l’orizzonte di platino dispiegarsi e sorridermi, sfondo un tempo remoto e che adesso si fa, improvvisamente e un attimo dopo l’altro, vertiginosamente vicino, il tempo docile e riorganizzato, un traguardo alla portata dell’animo; ho scandagliato fino all’ultima goccia di significato dietro le atrocità, i massacri, gli arti e le teste mozzate e gli incantesimi e le voci divorati dalla mia lama. Ho visto nelle vite degli altri, attraverso la lente delle mille morti perpetrate dalle mie mani: io, eternamente on fire.
Quando ho conosciuto Yama_no_Jiji, la prima cosa che ho fatto è stata recidergli di netto la carotide, proprio un attimo prima che lui sbrodolasse su di voi uno dei suoi consueti sproloqui: spendendosi in ghirigori soltanto fintamente reverenziali, in luogo di un “grazie” fin troppo benevolente nei confronti di uno di voi, Chat, che gli aveva fatto l’elemosina del prezzo d’un caffè; tutto, purché il saccente continuasse a cianciare davanti alla sua telecamerina da due soldi, le parole scompaginate nel vuoto da una connessione internet peraltro piuttosto scadente. Una stealth kill. Mentre il sangue scorreva a fiotti e mi bagnava le mani, ho appreso che il suo vero nome era Luigino, e che nella sua nemmeno troppo lunga vita non s’era mai cimentato neppure in mezzo straccio d’addominale: né alla sbarra, né a corpo libero, niente di niente. La debolezza, l’involontaria cura con cui mi stringeva, mentre lo uccidevo… quasi una carezza, un gesto d’amore. Poi, con pochi e rapidi colpi gli ho aperto in due il cranio, e ho mangiato il suo cervello. Ma questo, miei cari della Chat, voi lo avrete sicuramente visto: stavamo ancora nel pieno della live.
Mister Motcha: lui era enorme, praticamente un colosso. Lento e macchinoso, un pachiderma: più rapido e addestrato, schivavo il suo gancio sinistro e gli recidevo in un solo fendente entrambi i legamenti delle ginocchia – così apprendevo del cuckolding, praticato fieramente e a spron battuto, leitmotiv del suo fuori-dallo-schermo. A lui ho divorato il cuore.
Cypheria: cristiano praticante (qualsiasi cosa ciò possa voler dire, allo stato attuale e rovinoso delle cose) e pedofilo in pectore se non de facto: amputazione della mano sinistra, morte per dissanguamento, ho mangiato i suoi testicoli.
Sbrumoz, SyneBro, ProctorLazzo99: voi, Chat, sapete già tutto: perché avete visto tutto.
L’unica colpa che potete attribuirmi, se proprio c’è il bisogno che siate severi con me, è che non è stata una speedrun.
Indugio con voi, mentre il platino divora distanze e profondità di campo, fisica e poligoni, mentre il mondo percepito si restringe e spasima, e io avverto che presto dovrò veder spento anche l’ultimo schermo dinnanzi a me, mi accorgo che ho visto tutto quel che c’era da vedere e appreso tutto quel che c’era da apprendere e, unendo i punti a descrivere una verità che ho ben presente da tempo, in maniera pienamente logica, deduco che il Dio che cercavo ero io sin dall’inizio. Non è un gioco ben bilanciato, a voler cercare il pelo nell’uovo.
Mi ripeto, mentre impugno il mio coltello per l’ultima volta e lo rivolgo verso il centro esatto del mio petto, che spero davvero che voi non vi sentiate mai più soli.
Un tremito di luce: Trofeo guadagnato!
Poi, ultimo gesto del mondo, anche l’ultimo schermo si riempie di nero.